Modelli organizzativi adeguati a gestire la rivoluzione dei Big Data. Un benchmark affidabile: il nostro cervello!

Mi piace provocare: avverto il lettore! E mi piace spingere la frontiera, cercando nuove soluzioni in grado di fornire nuove risposte alle esigenze delle aziende che, ogni giorno, si trovano ad affrontare sfide sempre più impegnative che richiedono tempi di reazione velocissimi!

Questo è il mio lavoro: assicurare valore alle aziende che chiedono la mia consulenza, a me l’onere di sperimentare nuove soluzioni adeguate a ciò che serve alla PMI e Startup innovative che sono i miei clienti. Loro hanno esigenze diverse dalle grandi aziende e allora serve “sperimentare” spingendo oltre la frontiera percorrendo sentieri poco esplorati o in alcuni casi inesplorati.

Fatta questa premessa, vediamo qual è il sentiero su cui ci avventureremo in questo articolo. Oggi sul tema dei Big Data troviamo già una letteratura (questo non vuol dire – avverto il lettore – che le aziende siano già data centric), che sostiene che un’azienda, focalizzata sulla gestione dei Big Data, è “condannata” a dover governare processi e flussi orientati a controllare tutti i dati che entrano in azienda (o che possono entrare) senza sostanzialmente scartare nulla.

So perfettamente che i dati sono una miniera d’oro in grado di alimentare la cultura dell’innovazione, eche il valore dei Big Data sta proprio nell’opportunità di monitorare grandi quantità di dati ( … e oggi è facile accumulare dati se si pensa all’impatto dei social), questo però non può essere, secondo me, esteso tout court a tutte le tipologie di aziende; un approccio di questo tipo, se infatti è valido per le grandi aziende che hanno cultura aziendale e mezzi adeguati, si presta poco, invece, alle realtà medio e soprattutto piccole che purtroppo non sempre brillano per capacità innovativa e oggettivamente difficilmente si trovano nelle condizioni operative adeguate per gestire la complessità che i Big Dati comportano.

Se questa è mediamente la realtà delle nostre pmi, serve scovare una soluzione che possa garantire a queste imprese di agganciare la rivoluzione dei Big Data trovando modelli adeguati alle loro realtà ed esigenze.

Come sempre accade nella vita, non serve andare lontano per trovare le risposte: il viaggio è breve … il nostro cervello che, sembrerebbe, organizzato per dimenticare le informazioni irrilevanti per fare scelte intelligenti. Dimenticare, per il nostro cervello, sembra che non sia una falla ma un processo che ci consentirebbe di trattenere solo le informazioni essenziali (non archiviando per molto tempo l’informazione più accurata possibile) per prendere decisioni adeguate alle nuove situazioni tralasciando dettagli inutili.

È questo il nuovo modello che emergerebbe da alcune sperimentazioni condotte da un gruppo di neuroscienziati dell’Università di Toronto.
“È importante che la mente dimentichi i dettagli irrilevanti e si concentri solo sulle informazioni che consentono di adattarsi al mondo reale”, ha spiegato Blake Richards, coautore della ricerca, articolata su esperimenti, su una revisione della letteratura disponibile sull’argomento e infine su un modello d’intelligenza artificiale elaborato per l’occasione.
I risultati di questa ricerca sembrerebbero confermare, dunque, l’apertura di una nuova frontiera, nell’ambito delle neuroscienze, che aprirebbe prospettive rivoluzionarie sull’importanza del dimenticare e non solo del ricordare!

Nonostante sia risaputo che il cervello umano possa immagazzinare una quantità importante di dati (in una ricerca condotta dal Salk Institute si stima una capacità di storage di 1 petabyte, 10 volte di più di quello che si credeva), le ultime ricerche sembrano orientate a individuare meccanismi del nostro cervello che, come detto, governerebbero i flussi di dati in modo da trattenere solo le informazioni essenziali per prendere decisioni adeguate alle nuove situazioni tralasciando dettagli inutili!

Ma tutto questo come si sposa con i modelli organizzativi da proporre alle nostre pmi? La possibilità, soprattutto per le piccole aziende di intercettare e governare l’opportunità dei Big Data, dovrebbe essere a mio avviso colta implementando un modello “a geometria variabile” (di cui ho già parlato in precedenti articoli) contestualizzabile a seconda della situazione specifica, provvisto di requisiti minimi in sintonia con modelli organizzativi (quelli delle nostre pmi, in attesa che queste realtà possano finalmente avviarsi ad assumere anche dimensioni adeguate ad una competizione globale!) al momento no data driven.

La scelta dei modelli organizzativi dovrebbe prevedere quindi un’accurata fase di valutazione e selezione dei DATI da intercettare classificando puntualmente le azioni da implementare al fine di attivare, poi, ulteriori azioni finalizzate alla creazione di valore rappresentato dalla trasformazione del dato in INFORMAZIONE, per poi passare all’ulteriore e finale step della creazione di CONOSCENZA.

                                                    DATO           INFORMAZIONE        CONOSCENZA = VALORE OPERATIVO

Su questo processo di TRASFORMAZIONE si dovrebbero innestare dei flussi operativi flessibili in grado di modellarsi sulle esigenze variabili dell’azienda. Un’organizzazione, dunque, come detto a geometria variabile in grado di valutare ciò che serve, quando e a chi serve e soprattutto per quanto tempo serve tenere un determinato dato. Si tratta sostanzialmente di ottimizzare i carichi di dati per ottenere insight migliori e, in ultima analisi, migliori risultati di business; un modello basato sul learning by doing che garantisce, mentre svolgiamo una determinata attività, un continuo miglioramento in ciò che facciamo (concetto pioneristico elaborato dal premio Nobel per l’economia K. Arrow e ripreso recentemente da un altro premio Nobel per l’economia J. E. Stiglitz nel suo libro Creare una società dell’apprendimento. Un nuovo approccio alla crescita, allo sviluppo e al progresso sociale).

Una Data Governance GDPR Centric che, in modo puntuale, preciso e flessibile così come richiesto dal Regolamento Europeo (i dati sono diventati la materia prima di una nuova economia basata sulla conoscenza, in questo senso il GDPR – nato per essere lo Statuto della Data Economy – crea le condizioni per un uso uniforme dei dati senza più differenze normative tra gli Stati europei) possa garantire, in definitiva, all’azienda la gestione della delicata fase operativa di acquisizione di nuovi clienti e, al contempo, quella dei vecchi con una mappatura dei dati necessari – nel tempo utile – allo svolgimento di queste complesse attività.

Come il nostro cervello, l’azienda così organizzata, nonostante la teorica capacità di immagazzinare una quantità importante di dati, resterebbe focalizzata a trattenere e mappare solo i dati in grado di generare, in un determinato momento, informazioni essenziali per prendere decisioni in modo rapido e credibile alle nuove situazioni creando così la conoscenza essenziale per arrivare al Valore Operativo.

In definitiva, avremo un’azienda orientata alla valorizzazione e alla trasformazione dei Dati in Business pronta ad adottare strategie data driven vista la crescente disponibilità di dati determinata dall’utilizzo di dispositivi sempre connessi.

L’implementazione di processi e strategie in grado di far lavorare l’azienda in modo Agile – concetto che si sposa bene con i modelli da me definiti a geometria variabile – richiede comunque nuove competenze per i manager che devono presidiare il processo di trasformazione del dato in valore.

Si torna così al tema centrale di ogni considerazione che riguarda l’azienda: il fattore umano! Senza scomodare rivoluzioni culturali e altre cose complicate, servirebbe “semplicemente” dialogare con il nostro imprenditore tipo, il self made man che tutti i consulenti hanno incontrato almeno una volta nella loro vita professionale, e con lui/lei condividere, con approccio socratico, i tanti dubbi – ancora più pesanti in epoca post Covid-19 – provando, insieme, a trovare le risposte per affrontare il futuro che appare sempre più incerto.

Sarebbe bello risolvere tutto con una chiacchierata … la realtà, come sappiamo, è molto più complicata e anche se il confronto resta un modus operandi validissimo per iniziare a scardinare vecchie concezioni e abitudini obsolete, resta purtroppo attuale la frase di John Maynard Keynes: “La più grande difficoltà nasce non tanto dal persuadere la gente ad accettare le nuove idee, ma dal persuaderli ad abbandonare le vecchie”.

 

 

Giuseppe Mizio

Senior Sales & Data Consultant