Vendere dopo il Covid: processi, innovazione e … Un salto sulle spalle dei giganti!

Peter Drucker, pioneristicamente, ha anticipato un problema che purtroppo, nonostante il trascorrere dei decenni, non sembra abbia trovato soluzione; secondo Drucker, infatti, i venditori “dedicano … molto più tempo a inserire dati nei computer e a compilare rapporti che a visitare i clienti … “, una cattiva abitudine che, sempre secondo il guru del management moderno, ha determinato, e continua a farlo, un impoverimento della mansione con impatti pesanti sulla produttività (ancora oggi si stima che i venditori dedichino meno di un terzo del loro tempo a interagire con i clienti!).

In questo scenario, ancora drammaticamente attuale, in cui la funzione vendite nelle aziende italiane (solo italiane?) fa fatica ad affrancarsi da modelli organizzativi obsoleti, è arrivato lo tsunami del Covid che ha travolto molte imprese che sono state costrette a chiudere o a indebitarsi pesantemente.

Credo sia ormai chiaro anche ai più scettici che ci troviamo a dover gestire una fase particolarmente difficile dell’economia mondiale; da quasi due anni stiamo vivendo, infatti, quella che possiamo definire una “tempesta perfetta” che non può essere affrontata in modo semplicistico proponendo soluzioni standard. E’ arrivato, dunque, il momento delle scelte coraggiose, quelle che aiutano a spostare la frontiera un po’ più in là, quelle tanto care, per intenderci, a Peter Drucker che per troppi anni abbiamo ignorato, dimenticato o “semplicemente” sottovalutato!

E’ necessario e urgente, dunque, iniziare a proporre e condividere delle soluzioni che possano rappresentare degli spunti interessanti per  trovare delle convergenze operative per ripartire.

Personalmente ritengo che, passata la tempesta Covid, le aziende che ripartiranno saranno quelle che oggi si stanno concentrando sul Cliente con un approccio omnicanale che richiede massima attenzione ai processi e all’innovazione. Una nuova cultura aziendale – con una forte e convinta focalizzazione sulla funzione vendite – non semplice da metabolizzare soprattutto per chi, dopo anni di facili conquiste, è costretto a confrontarsi con un nuovo tipo di cliente che Alberto Fedel aveva già anticipato sarebbe divenuto “più grosso e cattivo del fornitore e lo avrebbe costretto a muoversi sul suo terreno” (attuale resta il suo libro “L’era dello squalo bianco”).   

Ripartire dalle Vendite, dunque, per governare la ripresa costruendo e tenendo in efficienza un modello di engagement sempre adeguato alle mutevoli esigenze del “cliente moderno” che è più informato, più esigente, più collegato, meno fedele … in sintesi “più grosso e cattivo”.

Lavorare a un modello sempre adeguato vuol dire progettare e riprogettare incessantemente i processi aziendali affinché possano assicurare all’azienda la disponibilità di punti di osservazione sul cliente garantendo allo stesso una customer jouney in linea con le sue richieste. Garantire processi così efficienti significa inoltre sapere (conoscere) in che fase del processo di scelta si trovano i clienti e quindi scegliere come, quando e se interagire con loro.

Nella terza edizione del report “Focus sul cliente connesso”, Salesforce Research ha condotto un sondaggio su oltre 8000 consumatori e buyer aziendali in tutto il mondo e ha scoperto in che modo le aspettative dei “clienti moderni” continuano a cambiare, quali tecnologie emergenti stanno trasformando la loro esperienza e il ruolo della fiducia nelle relazioni fornitore-cliente. Alcuni dati, in particolare, ci restituiscono uno scenario che i decision-makers aziendali a mio avviso non possono continuare a ignorare: il 54% dei clienti intervistati dichiara, infatti, che le aziende devono trasformare il proprio modo di interagire; il 71% si aspetta che le aziende comunichino con loro in tempo reale; il 56%  di trovare tutto ciò di cui ha bisogno da un’azienda con un massimo di tre clic; il 40% non acquista da un’azienda se non può utilizzare i propri canali preferiti; il 64% desidera interazioni personalizzate e il 78% interazioni coerenti tra i vari reparti; il 67% chiede che le aziende offrano nuovi prodotti e servizi con maggior frequenza rispetto al passato.

Per le aziende tutto questo comporta uno sforzo di conoscenza importante che deve essere integrato con la parte di innovazione altrettanto strategica e difficile da implementare. Ricordiamoci che viviamo in un’epoca di big data, intelligenza artificiale e capacità di gestione delle informazioni in tempo reale: gestire e governare la Digital Transformation dovrebbe assurgere quindi a imperativo per tutte le aziende a prescindere dalle dimensioni e dal fatturato; solo così sarà possibile, per queste realtà, garantirsi il presidio dell’intero ciclo di vita dei dati (strutturati e non) con la possibilità sfruttarne le potenzialità in termini di informazione, conoscenza e quindi capacità di effettuare scelte in linea con i veloci mutamenti imposti dai mercati.

Un compito sfidante che deve necessariamente partire da un commitment deciso e convinto del top management che dovrà comunicare con tutti e a tutti i livelli con autorevolezza.

Per mantenere il focus sui processi e sull’innovazione resta però strategico il superamento dei vecchi modelli organizzativi e la transizione dai silos all’implementazione e al mantenimento di modelli liquidi data driven oriented unica garanzia, come ho già avuto modo di affermare in precedenti articoli, per governare con successo l’attuale discontinuità e gestire la ripartenza.

Anche in questo caso è chiamato in causa il top management cui è demandato l’onere di farsi carico di interpretare e diffondere il cambiamento culturale nelle loro aziende al fine di assicurarne la sopravvivenza in momenti critici e la prosperità nelle fasi di ripresa. Un compito tutt’altro che semplice a volte complicato anche dalla scarsa attenzione che i top manager, inclusi i CEO (come riportato da Frank V. Cespedes in un suo articolo pubblicato ad aprile sull’Harvard Business Review Italia), hanno dimostrato in questi anni nei confronti della funzione vendite e delle vendite in generale.

Colmare questa distanza culturale non è semplice ed è un processo lento, faticoso e purtroppo questi ritardi causeranno ancora molte perdite in termini di fallimenti e chiusure!

Come sarà il mondo dopo il Covid dipende solo da noi; in momenti drammatici come questi, per restare connessi con la realtà, è necessario guardare al passato e recuperare l’esperienza dei giganti salendo sulle loro spalle: da lassù tutto sarà più chiaro, saremo tutti più ricchi, da lassù sarà più facile ricordarsi che “c’è un’unica definizione valida per quello che è lo scopo di un’azienda: creare un cliente” (Peter Drucker) .

 

Giuseppe Mizio

Senior Sales & Data Consultant