Non sprechiamo questa crisi… Ripartiamo dalla capacità di governare i dati

I numeri della pandemia ci restituiscono un bilancio, purtroppo ancora provvisorio, che registra un numero di vittime che in Italia ha superato l’impressionante cifra di 110.000 e nel Mondo sfiora i 3.000.000.

Di fronte a questa tragedia tutti noi abbiamo il dovere di chinare il capo per rispettare queste vittime e il dolore delle loro famiglie per una perdita che non potrà mai essere ricompensata; tutto questo però non basta! Adesso abbiamo il dovere di ripartire, di rimettere in campo le migliori forze e intelligenze per capire che cosa non è andato per il verso giusto e sfruttare questa tragica opportunità per evitare che si possa riproporre. Tutti noi abbiamo questo onere: non possiamo permetterci di lasciare ai nostri figli, ai nostri nipoti il rischio che un’altra pandemia possa trovarci di nuovo impreparati!

Un ottimo spunto di riflessione lo offre il libro “Non sprechiamo questa crisi” dell’economista Mariana Mazzucato che si interroga proprio sul senso di questa pandemia chiedendosi “possiamo uscirne in tempi rapidi? E come?” arrivando alla conclusione di evitare di commettere l’errore di limitarci a sperare di tornare alla normalità ante pandemia. Una riflessione molto interessante in quanto propone un cambio di prospettiva e di passo che va oltre la ricerca della normalità: in un tempo di eccezionali cambiamenti abbiamo l’obbligo, infatti, di accettare l’impegnativa sfida di provare a trasformare questa crisi “… in una opportunità per ripensare il nostro modello di sviluppo”. 

Oggi, secondo la Mazzucato, “ci si presenta l’occasione di approfittare di questa crisi per capire come fare capitalismo in modo diverso. Occorre ripensare il ruolo dello Stato: anziché limitarsi a correggere i fallimenti del mercato quando si verificano, i governi dovrebbero assumere un ruolo attivo plasmando e creando mercati che offrano una crescita sostenibile e inclusiva, oltre a garantire che le partnership con le imprese in cui confluiscono fondi pubblici siano guidate dall’interesse pubblico, e non dal profitto”

Questa nuova direzione ci obbligherebbe a ripensare le forme di collaborazione tra Stato e aziende che dovrebbero essere rimodulate pensando a forme di partnership responsabili improntate alla resilienza e basate sulla capacità di adeguarsi per adattare i servizi pubblici alle reali esigenze dei cittadini non perdendo mai di vista la centralità della governance dei dati.

Proprio la gestione dei dati ha rappresentato un’area di enorme criticità nella conduzione della pandemia che ha dimostrato come la raccolta, l’elaborazione e la conversione dei dati stessi in valore giochino un ruolo sempre più strategico soprattutto quando si è costretti a prendere delle decisioni in tempi brevi con impatti sulla salute di milioni di persone; considerazioni che giustamente hanno fatto crescere il valore sociale, oltre che economico, della governance dei dati.    

In questo lungo anno di lockdown ogni sera abbiamo assistito alla lettura dei bollettini (sembrava e purtroppo sembra tuttora di rivedere immagini di repertorio della guerra in Vietnam e degli americani che seduti a cena guardavano i servizi di Walter Cronkite che ogni sera li informava sul numero di vittime), con gli aggiornamenti sui morti, sui ricoverati in terapia intensiva, sui posti di lavoro persi, sugli effetti economici della pandemia ecc… Elenchi di dati, di tanti dati che però non ci hanno messo al riparo dagli effetti di un virus subdolo che corre veloce nel suo percorso di morte. Un lungo elenco di dati che spesso si sono dimostrati, infatti, imprecisi, in alcuni casi addirittura errati, contraddittori e comunque tardivi. Troppi enti a gestirli, con procedure non integrate che hanno complicato ulteriormente un quadro generale già caratterizzato da una scarsa capacità di elaborazione e analisi.

Una valutazione, quella della gestione dei dati sul Covid-19, che ancora oggi, dopo un anno dall’inizio dell’emergenza, resta insufficiente in Italia ma anche a livello mondiale (a parte poche eccezioni!): in un’epoca di big data, algoritmi e capacità di gestione delle informazioni in real time è triste dover accettare tutto questo.

Sempre pensando a quei morti e alle loro famiglie abbiamo dunque l’obbligo di accelerare la trasformazione digitale sia nel privato sia nel pubblico e, aspetto non marginale, dobbiamo lavorare per far crescere la cultura dei dati a tutti i livelli. 

Un’operazione certamente non semplice che richiede il coinvolgimento di tutti e dello Stato in primis che, come già ricordato, ha l’onere di allineare i servizi pubblici alle esigenze dei cittadini: obiettivo che impone il tema, ormai evidentemente non più procrastinabile, della governance dei dati. La gestione delle piattaforme digitali e degli archivi di dati pubblici, ovviamente nel rispetto della privacy dei cittadini, diventeranno di conseguenza le nuove frontiere dove privato e pubblico si dovranno incontrare collaborando in modo responsabile per garantire un’adeguata gestione delle future emergenze sanitarie, ma non solo.

Quando informazioni accurate e continuamente aggiornate restano a disposizione di tutti, amministrazioni pubbliche in testa, diventa possibile, infatti, studiare ciò che accade in tempo reale permettendo così ai decision-makers di intervenire in modo consapevole e tempestivo; in realtà, una siffatta gestione garantirebbe anche la possibilità di aumentare una capacità, oggi ancora molto limitata, di anticipare il sorgere delle emergenze.

Le lezioni di cui far tesoro evidentemente sono tante e, come ho detto, riguardano tutti noi: nessuno escluso! Anche gli imprenditori – duramente provati da questa pandemia – dovranno continuare a fare la loro parte, investendo di più e meglio sull’innovazione dimostrando sensibilità e attenzione verso una crescita non più orientata solo al breve periodo.

Mi avvio a concludere con un riferimento proprio agli imprenditori che oggi si trovano ad affrontare le sfide dell’economia digitale ulteriormente complicate dall’impatto del Covid-19: avete l’obbligo di superare i vecchi modelli organizzativi dei silos puntando, con coraggio e determinazione, alla creazione di ecosistemi liquidi data-driven unica garanzia per governare la discontinuità che i pessimisti definiscono la “tempesta perfetta” che ci ha colpiti!

Ricordiamoci che oggi abbiamo una grande opportunità che, gestita con lucidità e senso di responsabilità, può rappresentare la svolta per ripensare – e concludo citando ancora una volta Mariana Mazzucato – un modello di sviluppo “… in grado di favorire una crescita inclusiva e sostenibile”.

 

Giuseppe Mizio

Senior Sales & Data Consultant