DIGITALIZZAZIONE & PNRR: QUALI SCENARI E OPPORTUNITA’ PER LE MPMI

Digitalizzazione: è una delle più importanti sfide che attende il nostro Paese nei prossimi mesi; è una delle sfide che non fa dormire sonni tranquilli a Mario Draghi che ha rassicurato l’Europa sulla capacità di reazione del nostro sistema pubblico e privato; e il settore privato, in Italia, diversamente da quanto ufficialmente noto, è caratterizzato da una forte presenza di micro imprese (meno di 10 addetti con fatturato inferiore a 2 milioni di euro). Queste realtà rappresentano, infatti, il 95% del sistema produttivo nazionale e si possono definire il motore dell’economia italiana: ciò che 40 anni fa era stato semplicisticamente ridotto ad un “effetto transitorio” del boom, oggi rappresenta il pilastro portante dell’intero sistema economico italiano!

E’ intuitivo, pertanto, che per vincere questa sfida dobbiamo permettere alle micro imprese di intercettare e gestire da protagoniste la quarta rivoluzione industriale.

Semplice a dirsi … un po’ più complicato a farsi, ed è qui che il sonno del presidente Draghi diventa più agitato. Questo obiettivo, ahimè, rischia infatti di infrangersi contro l’italica incapacità di programmare e l’assenza, quasi strutturale, di politiche di supporto in grado di fornire risposte concrete alle esigenze operative di migliaia di micro e piccole aziende che oggi si trovano in difficoltà nonostante la disponibilità finanziaria messa a disposizione dall’Europa con il PNRR che assegna al nostro Paese 248 mld di euro di cui quasi 41 destinati alla digitalizzazione. A rischio chiusura, secondo stime della Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato, sono infatti “quattro micro imprese su dieci” a causa della crisi economica provocata dal COVID-19.

Comprensibilmente il sonno di Draghi rischia di diventare un incubo se certe previsioni dovessero trovare conferma, e le ultime notizie dal fronte Bce (rialzo dei tassi di interesse e chiusura programma di acquisto dei titoli di stato), dopo gli interventi della Fed orientati al maggior rialzo dei tassi dal 1994, non lasciano margine di tranquillità al presidente del “whatever it takes” che sembra non essere nel vocabolario dell’attuale presidente della Bce, Christine Lagarde, che con queste misure difficilmente eviterà la prossima recessione.

In un clima di incertezza come questo, fortemente esposto a turbolenze finanziarie in grado di scatenare tsunami pericolosissimi (fallimento Lehman Brothers docet!), con previsioni di crescita della zona euro per il 2022 ridotte al 2,7% e una seria impennata dell’inflazione, per poter avere un ragionevole grado di certezza che il paracadute del PNRR si apra, dobbiamo garantire ai tanti progetti messi in cantiere, e in parte già avviati, di arrivare a compimento.

La partita è decisamente complessa e in alcuni contesti, a mio avviso, quasi disperata (che la nostra PA possa dimostrarsi efficiente è ritenuta da molti – compreso il sottoscritto – una mission impossible); l’obiettivo resta però alla nostra portata nel settore privato dove, per esempio, la rete delle associazioni di categoria, in Italia presente in modo capillare, potrebbe avere finalmente l’opportunità di giocare un ruolo strategico garantendo l’execution ai loro associati attivando, nei territori dove operano, iniziative operative attraverso partnership con aziende e professionisti in grado di abilitare il processo di digitalizzazione delle MPMI che potrebbero così cogliere le enormi opportunità del PNRR per uscire dalla crisi post pandemica e raggiungere livelli di competitività in grado di reggere l’urto del prossimo (inevitabile) cigno nero.

Che lo stato di digitalizzazione delle nostre imprese non sia particolarmente brillante, con una diffusione decisamente variegata in funzione delle dimensioni aziendali, è un fatto noto e purtroppo ha trovato conferma anche nell’ultimo rapporto della Banca Europea per gli Investimenti (BEI) Digitalisation in Europe 2021-2022: evidence from the EIB Investment Survey che include l’indice di digitalizzazione aziendale della BEI (EIB Corporate Digitalisation Index): una classifica transnazionale degli sforzi di adozione del digitale nei paesi dell’UE e negli Stati Uniti.

Nel Report l’Italia è classificata tra i Paesi dove le aziende hanno un approccio “moderato” alla digitalizzazione, un risultato tutto sommato incoraggiante se letto a livello macro, ma che, ad una più attenta analisi, ci restituisce un quadro poco rassicurante.

 

Relativamente all’Italia, infatti, il Rapporto fotografa, confermandolo, un forte divario tra micro imprese e PMI da un lato e grandi aziende dall’altro; in particolare, leggendo con attenzione i dati, si ha evidenza che il 45% delle grandi aziende ha realizzato investimenti sia in strumenti IT di base che avanzati, percentuale che scende al 32 nelle imprese di grandi dimensioni, arrivando al 21 nelle PMI e al 17 nelle micro imprese.

Un gap pericoloso, dunque, che rischia di allargarsi ulteriormente a livello europeo e nazionale se non si interviene con metodo e velocità garantendo, a livello centrale, la giusta governance e a livello periferico le necessarie leve operative a tutti gli attori interessati dal PNRR (tra questi le associazioni di categoria in testa), per procedere in autonomia e con la massima focalizzazione.

Una sfida terribilmente ardua ci attende: in questa sfida, come ha detto il presidente Mario Draghi illustrando alla Camera il PNRR, “c’è il destino del Paese”.  

Ad essere agitati non devono essere dunque solo i sogni del presidente del Consiglio, bensì quelli di tutti noi che in questa precisa e irripetibile fase storica ci giochiamo il nostro futuro e soprattutto quello dei nostri figli e di coloro che li seguiranno.

Affido la chiusura alle parole di Mario Draghi, tra i pochi a garantirci oggi una credibilità internazionale, che sul raggiungimento degli obiettivi del PNRR non lascia spazio ad eventuali piani B tanto cari ad una certa politica irresponsabile: “Sbaglieremmo tutti a pensare che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, … , sia solo un insieme di progetti tanto necessari quanto ambiziosi, di numeri, obiettivi, scadenze. Vi proporrei di leggerlo anche in un altro modo. Metteteci dentro le vite degli italiani, … Le attese di chi più ha sofferto gli effetti devastanti della pandemia. Le aspirazioni delle famiglie preoccupate per l’educazione e il futuro dei propri figli. Le giuste rivendicazioni di chi un lavoro non ce l’ha o lo ha perso. Le preoccupazioni di chi ha dovuto chiudere la propria attività per permettere a noi tutti di frenare il contagio. L’ansia dei territori svantaggiati di affrancarsi da disagi e povertà… Ma, nell’insieme dei programmi che oggi presento alla vostra attenzione, c’è anche e soprattutto il destino del Paese. … . Non è dunque solo una questione di reddito, lavoro, benessere, ma anche di valori civili, di sentimenti della nostra comunità nazionale che nessun numero, nessuna tabella potranno mai rappresentare.
Dico questo perché sia chiaro che, nel realizzare i progetti, ritardi, inefficienze, miopi visioni di parte anteposte al bene comune peseranno direttamente sulle nostre vite.
Soprattutto su quelle dei cittadini più deboli e sui nostri figli e nipoti. E forse non vi sarà più il tempo per porvi rimedio”.

 

Giuseppe Mizio

Senior Sales & Data Consultant