In molti si affrettano a celebrare la nascita, anche in Italia, dell’Industria 4.0 che porterà alla produzione industriale automatizzata e interconnessa; una rivoluzione da cui però non abbiamo ancora capito cosa aspettarci!
Rischi? Opportunità? A mio avviso l’errore che stiamo commettendo, come sistema Italia, sta proprio nella ricerca spasmodica di una risposta che possa dissipare in modo draconiano questi dubbi. Purtroppo però una risposta di questo tipo non c’è, abbiamo solo pochi elementi e questi ci forniscono dati incerti che non possono portarci, almeno per ora, a formulare previsioni attendibili.
Abbiamo solo una certezza: la fabbrica sta cambiando, in alcuni casi è già cambiata, perché è mutato il nostro modo di vivere sempre più influenzato da una comunicazione che ha permeato ogni nostro spazio fisico e mentale. Uno scenario in perenne movimento che ha giustamente richiamato l’idea di una modernità liquida sfuggente a qualunque etichetta o almeno a quelle da noi fin qui conosciute e sperimentate.
Ecco! Le Colonne d’Ercole sono state superate e a noi “analogici” non resta che andare avanti con la determinazione di non avere altra scelta che navigare in questo mare impetuoso e, una volta arrivati, di dover bruciare le navi perché non esiste altra alternativa per restare in contatto con le “generazioni touch screen” . Una distanza, quella tra “nativi analogici” e “digitali”, che può essere riassunta così: i millennials non conoscono il mondo che abbiamo appena lasciato alle nostre spalle e per loro non esiste un modo diverso di correre: sono veloci e basta! Ed è a questa velocità che è vocata la nuova rivoluzione industriale.
Secondo una recente indagine, condotta dalla società di consulenza McKinsey, le direttrici di sviluppo determinate dalle nuove tecnologie digitali saranno quattro: la prima riguarderà l’interazione tra uomo e macchina (leggi interfacce touch, realtà aumentata ecc…), la seconda il passaggio dal digitale al reale (stampa 3D, robotica ecc…), la terza l’utilizzo dei dati (big data, open data, internet of things, cloud computing ecc…) e la quarta gli analytics (l’utilizzo dei dati).
Se partiamo da questa analisi ci accorgiamo, inequivocabilmente, che la Quarta Rivoluzione è una partita i cui giocatori sono principalmente i nativi digitali; sarebbe assurdo quindi lavorare a questo progetto rimanendo vincolati a modelli organizzativi old economy inquadrati in funzioni aziendali – irrigidite in silos – refrattarie alla condivisione e alla flessibilità.
Le fabbriche del futuro (in alcuni casi forse già del presente), dovranno quindi adottare “modelli organizzativi a geometria varibile” dove il “fattore HR” diventarà veramente centrale. Non si tratta, infatti, solo di conoscere e adottare tecnologie abilitanti, la vera sfida consisterà nell’inserire queste tecnologie in un contesto modernamente organizzato in grado di potenziarle. Un’attività che dovrà diventare uno dei principi-guida dell’azione del buon management.
Lavorare alla costruzione di modelli organizzativi a geometria variabile non è semplice anche perchè dovranno essere customizzati sulle singole realtà dei diversi settori, e tutto ciò potrà accadere solo in presenza di un vero cambiamento culturale nel management italiano che non sempre si è dimostrato pronto ad aprire nuove vie.
Il “fattore HR”, nei modelli organizzativi a geometria variabile, costituirà – a mio giudizio – l’elemento centrale in quanto abilitante all’implementazione di una “Lean Organization” . Il “fattore HR” sarà abilitante nella misura in cui sarà in grado di gestire l’adeguatezza delle risorse umane garantendone l’interdisciplinarietà e la specializzazione (servono specialisti in grado di dialogare con altri specialisti), e la capacità di operare per progetti con un approccio proattivo e aperto al cambiamento. Nuovi standard che, inseriti in un processo continuo improntato al principio della qualità totale, richiederanno l’impiego delle migliori tecniche di ricerca, selezione e formazione permanente dei millennials che magari non hanno mai sperimentato un contesto lavorativo organizzato, e la riconversione di quei “nativi analogici” ancora vincolati ad obsolete abitudini lavorative (…evidentemente non hanno ancora bruciato le navi!).
Un processo così strutturato, costantemente supportato da un forte commitment del top management, orienterà l’implementazione della questione organizzativa in chiave Lean: un modello contraddistinto da attitudini a:
1) lavorare in team flessbili con competenze interdisciplinari e svincolati da rigide dipendenze gerarchiche (modelli a rete);
2) apprendere e migliorarsi continuamente;
3) favorire la focalizzazione dei team su singoli progetti;
4) monitorare e misurare.
Mi avvio a concludere (sull’argomento spero di tornare presto e con altri dettagli che mi auguro potranno chiarire i molti punti ancora aperti), condividendo con il paziente lettore un’ultima riflessione: per parlare seriamente di Quarta Rivoluzione Industriale è fondamentale rimettere al centro di ogni considerazione e di ogni fine l’UOMO, e nel farlo ritengo indispensabile rispolverare l’idea di fabbrica di Adriano Olivetti: un imprenditore-mecenate talmente rivoluzionario e avanti con i tempi per la sua epoca da risultare incredibilmente attuale, anche se purtroppo poco conosciuto dalle nuove generazione (e non solo!):
“La fabbrica fu concepita alla misura dell’uomo perché questi trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza”
Giuseppe Mizio
Senior Sales Consultant