Che lavoro è fare “innovazione” …  al Sud?

Una delle domande più difficili che mi si possano fare è la seguente: “Ma tu che lavoro fai?”.

Per la maggior parte di voi la domanda sembrerà banale, scontata. Beh per me è molto complicato. Di solito rispondo che mi occupo di innovazione, ma il 100% delle volte non basta al mio interlocutore che subito dopo aggiunge: “ah innovazione, interessante. Ma nello specifico di cosa ti occupi?” E da quel momento in poi so già che dovrò costringere quella povera persona ad ascoltarmi per almeno un quarto d’ora senza potergli dare la possibilità di proferire parola, perché spesso, troppo spesso, chi mi incontra vive un ambito professionale distante anni luce dal mio.

Innovazione vuol dire tutto e non vuol dire niente. È da anni che sentiamo utilizzare questa parola, ma spesso e volentieri non c’è nulla di innovativo in quello che ci raccontano. Da anni tutti parlano di innovazione, ma in pochi se ne occupano veramente. E parlando di innovazione una delle prime cose che viene in mente, una delle parole più alla moda, abusata forse più della parola innovazione, è la parola STARTUP.

Per alcuni la parola Startup è semplicemente un’azienda in fase iniziale. Una panineria appena aperta è una startup. Ma chi vive realmente in questo ambito sa benissimo che così non è! C’è un elemento preciso che fa sì che una startup sia tale, ed è un elemento fondamentale che non può essere sottovalutato o non preso in seria considerazione.

Una startup è tale perché propone una soluzione innovativa, sì, ma in un ambito di incertezza! È questa la vera discriminante: l’incertezza. Questo vuol dire che il prodotto di una startup, pensato e studiato in un certo modo, dopo il primo impatto con il mercato potrebbe cambiare radicalmente target o addirittura cambiare esso stesso. Ci sono startup che sono nate in un modo e poi hanno finito col fare tutt’altro. Parti avendo in testa di voler fare un monopattino e alla fine ti ritrovi a produrre una macchina volante. Qualcosa di totalmente imprevisto e impensabile prima dell’impatto con il mercato.

Questo è l’elemento, a mio avviso, meno considerato, anche dagli addetti ai lavori, quando si parla di startup. Per cui è veramente difficile trovare soluzioni sostenibili per poter veramente fare avere successo ad una startup.

Tutti questi programmi, fondi, premi, purtroppo spesso sono solo strumenti di facciata. Aziende famose propongono premi per startup solo per valorizzare il proprio brand, o la banca di turno che vuole rendersi affascinante per nuovi correntisti. Realmente non aiutano, o aiutano poco le startup a crescere ed avere successo. Cosa che in altre parti del mondo non succede, o comunque non accade spesso, perché si è capito che per muoversi veramente nel mondo innovativo, nell’ambito incerto di cui sopra, servono competenze e capitale di rischio. Serve che qualcuno rischi i propri soldi, sia che esso sia un soggetto privato che un soggetto pubblico.

Ma non è il caso italiano. Qui il rischio è una parola sconosciuta. Soprattutto al sud. Soprattutto a Palermo.

Qui, fare impresa è davvero un’IMPRESA … quasi EPICA! Figuriamoci fare un’impresa Innovativa! Spesso e volentieri non hai interlocutori capaci di comprendere il tuo linguaggio. I più esperti hanno letto 4 libri e non fanno altro che ripetere termini a caso sentiti in giro o letti da qualche parte.

È proprio così: molta gente parla senza saper creare opportunità concrete di sviluppo e ricchezza reali. Tutti si dicono disposti a fare rete, ma solo se la rete porta immediato guadagno a loro stessi. In pochi sono disposti ad avere la pazienza necessaria per fare veramente rete,  sacrificando tempo e risorse per costruirla.

 

Ecco, io sono uno di questi “illusi” che ha questa visione, perché credo che non abbiamo nulla da invidiare a nessun milanese, londinese o americano.

Dobbiamo cambiare la cultura di questa terra e lo dobbiamo fare dal basso perché purtroppo ai piani alti (lo vediamo ogni giorno e in ogni ambito) è facile trovare ignoranza e appagamento, ma soprattutto zero voglia di rischiare. E invece oggi vince il rischio. Il rischio di cambiare tutto per creare nuovi paradigmi.

Per questo nel 2014 ho deciso di tornare e fare impresa a Palermo, rifiutando un posto sicuro al nord.  Nel 2015 ho lanciato il progetto PMO Coworking: uno spazio dedicato a chi, con entusiasmo e passione, vuole costruire una comunità innovativa vocata al territorio. Un’opportunità per chi, lontano dalle vecchie logiche della raccomandazione, sa accettare le sfide senza timore di fallire!

Per lo stesso motivo nel 2017 ho fondato anche una startup innovativa insieme a colleghi/amici incontrati nel coworking; un team che si è appassionato come me e ha deciso di accettare una sfida quasi impossibile! La startup si chiama TalentPLAYERS e si occupa di monitoraggio delle prestazioni sportive dei calciatori attraverso un device indossabile. E la cosa che mi riempie di orgoglio è che tutte le figure coinvolte sono palermitane: dagli sviluppatori, ai manager, alle aziende partner che si occupano della produzione delle plastiche e dei circuiti elettronici dei device.

Per questo, infine, partendo dalla passione per il calcio e per la mia città, mi sono inventato il Palermo Innovation LAB: un laboratorio di innovazione che, con il supporto del Palermo Calcio, ha due priorità: territorio e giovani! Un progetto unico nel suo genere che consentirà al Palermo Calcio di innovarsi continuamente, sperimentando le soluzioni più avanzate e innovative sul mercato dando la possibilità agli startupper di validare e ottimizzare i propri progetti sfruttando la competenza e la visibilità di una società di calcio dal grande blasone, con una fan base tra le prime in Italia e decisa a riconquistare i palcoscenici del calcio che conta.

 

Quello che sarà…non è dato saperlo. Io e tutte le persone che in questi anni hanno avuto la mia stessa “sana follia” abbiamo la certezza che stiamo andando nella giusta direzione perché abbiamo nel cuore il destino della nostra città, della nostra regione! Se solo avessimo, come collettività, la possibilità di disporre di più risorse (in primis capitale umano realmente qualificato!), se solo credessimo più in noi stessi, se solo sapessimo rischiare di più i nostri soldi e le nostre idee, facendo rete come si deve…niente e nessuno potrebbe impedirci di essere in Europa il punto di incontro tra Occidente e Oriente.

Sì, basterebbe poco … basterebbe solo avere più coraggio. E allora, solo allora, sarebbe anche più semplice spiegare, a chi me lo chiedesse, che razza di lavoro faccio. La risposta sarebbe decisamente più semplice: “Mi occupo di fare grande la mia Palermo!”.

 

Roberto Ragonese

CEO Talent Players